I miei erano contrari

il circo visita la periferia:

la bocca spalancata del tendone

a spicchi rossi e bianchi.

 

C’è qualcosa di poetico in ciò che non si percepisce,

quando l’interno si affaccia sull’esterno, come l’anima fa

quelle rare volte.

 

Sotto la stessa luce sporca di calce

qualcuno tenta di scappare, più in là

ci si diverte un mondo.

Milano-2
Milano, 2014

#20

Quanti spettatori?

una giornata di forte vento, un foglietto

carambola attraverso la piazza

nelle mie mani

 

immolato sull’altare dell’amore

mi concedo alla malia del dolore

malato, predestinato, incompreso.

 

Felliniano. Possiede estro caricaturale

permette a una parola di mutarne il significato: felicemente

direi, tra l’immolarsi e il concedersi, o più in là

a sbarrare il mesto trittico.

 

Che l’insuccesso gli abbia dato alla testa?

un film, un flop, all’undicesima battuta:

 “Io sono un pessimo amante, ma amo sempre meglio di te”

Dio, togligli la voce. La storia è monca.

Si dice che il Maestro usasse la noia come metro di giudizio:

E allora se lo tenga questo sentimento!  Avrebbe urlato.

Per conto mio,

 preferisco starmene alla larga.

 

Zero spettatori.

bosco verticale

#18

Fil rouge

Lo sciabordio tra pali e fondamenta logora i nervi, lo stomaco.

Questo quartiere è una zattera; il vento lo spinge sulla sabbia e più in là,

riempie la stanza di pulviscolo e inquietudine.

Qualcuno rovista nel silenzio,

una battuta tagliente ha guastato l’amicizia tra due artisti

(un sodalizio assuefatto da teorie estetiche)

in sessanta opere non si è trovato neppure un luogo, uno dico, rifugio, sacrario, ma anche prigione o incubo dove fermare finalmente il viaggio.

C’è troppo giallo intorno per discutere, alla finestra

il sole tocca il mare per saggiarne la temperatura

un luogo dove fermare finalmente il viaggio

nella cornice una fotografia, sdraiati a Stromboli, la testa poggiata sulla sabbia,

infatti no, nemmeno qui, noi due naufraghi spaventati.

Venezia03

#17

Top Lots

La punta scivola morbida, pochi rapidi tratti producono

figure leggere, vivaci, non ancora complete eppure già pronte ad andarsene, si muovono, si piegano, fanno leva sul nulla, si arrampicano verso il nulla e spariscono oltre il perimetro che le contiene,

in silenzio, prive dell’ombra e forse anche per questa ragione

furiose.

 

Tutto quello che cerco di dire mi viene da questi solchi,

fisionomie che si dilatano e si avvicinano fino a  toccarmi, mi scrutano dentro per capire se sono vivo e convincermi, ora abbassando lo sguardo ora lo rialzandolo, additandosi, additandomi che il tema del doppio, di questo essere e non essere allo stesso tempo, del vuoto attorno al pieno, non è poi così importante

eppure

 

Ho il sospetto che questi segni sottili e flessibili, mutevoli come l’acqua abbiano trovato riparo e protezione da qualche parte,

come se a un certo punto in quest’era incerta e esasperata loro e poche altre specie avessero sviluppato la consapevolezza di poter sopravvivere, avendo  trovato un habitat accettabile.

 

Per imporre un po’ di ordine e regolarità a questo mondo in movimento ho coperto l’opera con un drappo, ma nella sala tutti hanno continuato a girarci intorno incuriositi. Più tardi ho osservato tre collezionisti lottare strenuamente per aggiudicarsi qualunque cosa vi fosse celata sotto.

“In giro c’è un mucchio di denaro e una gran fiducia nel futuro”;  il proprietario della casa d’aste si è detto

assolutamente convinto.

Giallo
Cinque sul giallo

#15

Batik

questa città nera e tortuosa s’è ingoiata il consorzio umano, le dico

è un coro di voci attorcigliato intorno a un unico stato d’animo che non abbandona mai la strada,

scende verso il mare alle prime luci dell’alba per risalirne al tramonto tirandosi dietro l’odore aspro e doloroso della malora, dell’affanno, della forza

di ricominciare.

 

Sulla banchina del porto appena inaugurato sono scese, per restare, due fanciulle.

L’ho notato perché da qualche tempo traffico coi numeri, perlopiù sequenze di due unità che compongo e suddivido in griglie per contenerne il vigore o impilo, le une sulle altre

(coi numeri automorfi ho quasi raggiunto l’astrazione).

E poi perché mi sento solo in questa esistenza fatta di sottoinsiemi non vuoti.

 

Erano attraenti con i loro occhi grandi, le bocche spalancate, i corpi minuti e una carineria a ogni costo che rendeva il tutto autentico e immediato. Di quell’incontro, 

che ha segnato il culmine della mia capacità di dialogo con l’umano, resta una fotografia. Ho il naso asimmetrico, non me n’ero mai reso conto.

La cosa mi ha colpito. E’ da quel giorno che ci penso.

 

Sono adulto. Lo sono tuttora, curvo sui numeri e incorniciato dalla luce artificiale,

come il corista di una chiesa ortodossa, un orafo nella bottega paterna o un novello alchimista dedito al bistro leonardesco.

Intanto gli abiti delle mie amanti s’asciugano, appesi qua e là.  Dondolano sospinti da una lieve energia spontanea e contestatrice che mi rassicura, mi consola e mi convince che la vecchia regola del bene rifugio

ancora funziona.

nebbia
Minimalismi concreti

#14

 

Magdalenenstr. 54

l’attacco è incerto, un fill 

lo splash nella seconda terzina,

in levare

 

nel giardino di suoni minimi

(uno studio senza finestre) coltiviamo

vibrazioni intollerabili

 

“c’è qualcosa di poroso

vergato di nero, una pignoleria

a tratti orientale”

 

la musa siede, immobile

gli occhi chiusi – i gomiti poggiati

sulle ginocchia

 

“allo stesso tempo dolce

aristocratico come il day after

di un bagno a mezzanotte”

 

e quell’ultima nota

un’esca lanciata in aria, in attesa

al termine della lenza

Danzatrice - performance
Spettacolo di danza, foto privata

#12

Lumières

Solomon smise di osservare

il dipinto nella sala fumatori

un attimo prima di annegare

 

andò a picco insieme agli alberi

carichi di mele, di pere d’oro

e fiammeggianti fiori esotici

 

dettagli vischiosi che la natura espone

al sole, alla pioggia, all’incuria

(conditio sine qua non per sentirci autentici)

 

i miei capelli, la pelle, le iridi

i colori si combinano tra loro,

amalgamati a freddo

 

decadimento e creazione, vi sono luoghi

che fioriscono in prossimità della loro fine:

un paradosso affascinante

Sacra di San Michele (To)
Sacra di San Michele (To)

#11

A1: the very best of

questo del cammino non è che un tratto

tra le dita, sotto i denti acini d’uva,

il rito arcaico dell’attesa, nessuna svolta storica

 

l’autista sloveno poggia al parapetto del viadotto

osserva il cielo e pensa alla selva di Trnovo,

alla foschia del mattino che abbandona le faggete

 

dal cartello di rilevazione elettronica della velocità

i gracchi spiccano il volo, giocano

con le correnti ascensionali

 

venticinque giri, due ore e una carriola bastano

per allontanare pezzi di ponte

dalla minaccia d’innovazione

 

un caftano africano sale dal fondo

ondeggia sull’asfalto e sorride

fratello!  a che serve mi chiede

 

fermare un’anima indecisa se restare,

se di partire ormai le preme?

(nessuna svolta storica)

 

l’autista sloveno sbuffa, ricorda un orso

caduto nella grotta carsica

nella selva di Trnovo

Installazione fotografica di Giorgio di Noto al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013
Installazione fotografica al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

#10

Impressioni dal mondo

agglomerato di luce

semplicemente oscura

due luoghi differenti

 

la linea della vita segna

sul palmo la seconda tappa

e non s’estirpa, oltre

 

solo la felicità ostinata,

poggia i gomiti sul fotoromanzo,

si strugge e invoca

 

eroi irreali

(flâneur baudeleriani – irreali eppure credibili)

vagano intorno privi d’urgenza

 

qualcuno dipinge alberi:

un modo curioso di guardare l’orizzonte

seduti sull’erba, le braccia tese

Mostra
Installazione fotografica di Giorgio di Noto al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

# 9