Sirtaki (mano nella mano)

In Grecia il 15 agosto, giorno dell’Assunzione è una festa religiosa molto sentita, ma è anche l’occasione per spezzare il ritmo della vita quotidiana e dare libero sfogo alla gioia popolare, al ritmo del Sirtaki.

C’eravamo anche noi e questo è il mio personale racconto per immagini, tra ritmo e gestualità.

Progetto: mani. Foto mie.

Psychro, Creta, 2014

Lumières

Solomon smise di osservare

il dipinto nella sala fumatori

un attimo prima di annegare

 

andò a picco insieme agli alberi

carichi di mele, di pere d’oro

e fiammeggianti fiori esotici

 

dettagli vischiosi che la natura espone

al sole, alla pioggia, all’incuria

(conditio sine qua non per sentirci autentici)

 

i miei capelli, la pelle, le iridi

i colori si combinano tra loro,

amalgamati a freddo

 

decadimento e creazione, vi sono luoghi

che fioriscono in prossimità della loro fine:

un paradosso affascinante

Sacra di San Michele (To)
Sacra di San Michele (To)

#11

A1: the very best of

questo del cammino non è che un tratto

tra le dita, sotto i denti acini d’uva,

il rito arcaico dell’attesa, nessuna svolta storica

 

l’autista sloveno poggia al parapetto del viadotto

osserva il cielo e pensa alla selva di Trnovo,

alla foschia del mattino che abbandona le faggete

 

dal cartello di rilevazione elettronica della velocità

i gracchi spiccano il volo, giocano

con le correnti ascensionali

 

venticinque giri, due ore e una carriola bastano

per allontanare pezzi di ponte

dalla minaccia d’innovazione

 

un caftano africano sale dal fondo

ondeggia sull’asfalto e sorride

fratello!  a che serve mi chiede

 

fermare un’anima indecisa se restare,

se di partire ormai le preme?

(nessuna svolta storica)

 

l’autista sloveno sbuffa, ricorda un orso

caduto nella grotta carsica

nella selva di Trnovo

Installazione fotografica di Giorgio di Noto al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013
Installazione fotografica al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

#10

Ancorato a Camogli

Era atteso a Vienna, ma non vi giunse mai. Varcò la frontiera con la giubba strappata, il lasciapassare sporco di sangue e una ferita all’addome. Scorse le luci di un piccolo villaggio e lo raggiunse con fatica. Si aggrappò al muro di una casa sentendosi a un passo dalla fine. Cedette a una forza superiore che lo afferrò per le caviglie e lo scaraventò dentro un foro nel selciato. Fu invaso da un torpore liquido, animato a tratti da voci gelatinose che lo esortavano a resistere. Le schegge nel corpo, gli dicevano, servivano per cucire gli interstizi tra la vita e la morte e il sangue era la condizione indispensabile per oltrepassare il varco della bidimensionalità.

Aprì gli occhi e restò immobile a fissare i filamenti incolore dell’alba attraverso la stanza.

Sollevò il lenzuolo e si scrutò il ventre. Era intatto. La testa ricadde sul cuscino mentre l’ultimo fotogramma notturno si dissolveva. Poi pensò al mare e alla quiete dei relitti dopo i grandi e terribili naufragi.

Si alzò e si avvicinò alla finestra. Una fila di caseggiati uguali si asciugavano al sole, più in basso il parcheggio era semivuoto.

“Oddio quanto vorrei svegliarmi” disse voltando le spalle al nuovo giorno “pescatore, con un gozzo celeste e giallo ancorato a Camogli.”

Installazione artistica a Savignano sul Rubicone durante il Si Fest.

Microstoria #22

Scuola libera di nudo pensiero

in questa strada si perpetua

una migrazione misteriosa:

la nostra età non è compiuta

 

due grosse gocce d’acqua soffocano

la terra d’un affetto ingrato

(il deserto porta strani pensieri)

 

sfilano in silenzio in una processione di ombre

lisce capsule di laboratorio,

intenzioni cariche di sbavature

 

scarpe di varie fogge, il fruscio di stoffe nel vento caldo

(bella l’inquadratura)

spunta da sotto, dondola impercettibile e a tratti riluce

la canna d’un fucile

Nel parco

# 7

L’ora forte

io guardo molto,

– sorridi al pensiero

il disegno primitivo del cielo

 

io guardo molto,

– tendo a credere in ciò che vedo

le stelle nell’ora forte

 

la contemplazione è un esercizio

si affida al cuore, per l’occhio

un mondo più solido

 

su questa piccola valle

(leggo nel tuo quaderno)

la luna scivola senza clamore

e chiunque provvisto di radici

sa quando accade

e dove

 

una vampata di fuoco e ghiaccio

il transito di un astro

prelude

 

nella prospettiva del vuoto

non è cosa drammatica,

– un piccolo infortunio

 

questa contemplazione

(un passatempo per signorine perbene)

porta a usare il cielo con parsimonia

 

ciò che più temo invece è di perdere

il gusto del mutamento, che i ricordi

sian già preda delle tarme

 

Interno, Castello di Varano de Melegari (PR)
Interno, Castello di Varano de Melegari (PR)

# 5

Il collezionista turco

"Il mercatino delle pulci" parte 3 - Qui la 1. Qui la 2.

“Costosa illusione d’immortalità?”

E’ assurdo. Io sono un collezionista e con l’arte misuro la portata dell’esistenza. Ma all’epoca ero anche altro. Ero un mistico senza fissa dottrina che sostava sulla soglia degli opposti, il pensiero e l’atto, la malia e la repulsione, il quotidiano e l’inspiegabile.

Acquistai la foto sull’onda delle mie certezze. Credevo nell’evento cardinale bloccato nel tempo, che la bellezza fosse una fonte d’ispirazione alternativa al vero e che le opere avessero bisogno della mano, oltre che dell’attenzione dello spettatore, per essere accese. Le volte in cui mi azzardai a sfiorare con le dita la curva pallida di quella schiena non fu per desiderio, ma per stimolarne la genesi.

Gli anni mi contraddissero insegnandomi che dell’uomo non esisteva che il riflesso prima del tuffo in una pozza oscura. La storia lo rese pesante e l’arte lo trasformò  in un soggetto gravato da responsabilità immense, ficcandolo a forza dentro atmosfere fatte di colori bui, materici, densissimi.

La foto non c’entra. Cambiai semplicemente corrente di pensiero.

Bardi
Interno, castello di Bardi – PR

Microstoria #20-3

Brunch da Burlot

“Esposizioni universali”

 

lungo la banchina

un tempio di vetro accoglie

immagini storie

 

buio e luce

intersecati sul cemento

grezzo di un muro

 

quattro metri quadrati

una stanza in cui spogliarsi

della nostalgia

 

l’aria è profumata, fuori 

(spogliarsi della nostalgia

è cosa da visionari)

 

un pugno di vapore

si solleva dalle tasche,

era lì che conservavi gli avanzi di fantasia?

 

un petalo macchiato

frantuma l’armonia dei fiori

fragili del vestito

 

il peso della parola

ora grava sulle labbra,

– ci provi ancora..

 

il tempo della partenza

ora grava sulla gola

– a dire addio con un filo di voce..

 

la macchia sul petalo

è sparita, non c’è nulla

di speciale in chi rimane

 

immobile sulla banchina

(icona sacra nel cerchio del sole)

a osservare il fondo del vagone

 

.. le rotaie

Mostra fotografica di Elliott Erwitt - composizione
Mostra fotografica di Elliott Erwitt – composizione

#4

Era bravo, sì

Sì, Era bravo.

Col nero riempiva d’ironia gli sguardi e vi ammucchiava intorno un volto. Col giallo ne indovinava l’indole aggiungendo un po’ di ambiguità, col rosso trattava la vanità e l’irrequietezza dell’attimo, mentre al fondo restava il compito di mitigare la vulnerabilità dell’insieme.

La sua opera era una specie di censimento antropologico, compilato con puntiglio e scarso pudore.

Un giorno mi disse “Basta, sono stanco di tutto questo. Ciò che cerco è la scintilla di un’umanità più vera, che sappia davvero spiegare le cose” .

Poi si zittì e col coltello riprese a togliere i semi dalla sua fetta d’anguria.

Londra
Londra

Microstoria #19

Sottosopra

Questo è un racconto senza personaggi.

Non è neppure una storia di mare.

Mi piace il mare, intendiamoci. E’ che a una certa ora tutto sembra arrendersi alla carezza di una luce che smorza le voci e toglie ogni dettaglio alle figure che vagheggiano intorno. E’ un tempo lungo quanto il fruscio che segue l’ultima nota di una canzone e dilata la nostalgia per ciò che non si può più fare.

Un libro poggiato sull’erba, sottosopra. Le dita distese di un mano. Un’altra onda.

Quell’attimo, non so perché, mi ricorda la bandiera di pericolo di balneazione.

Passerella

Microstoria #18