In Grecia il 15 agosto, giorno dell’Assunzione è una festa religiosa molto sentita, ma è anche l’occasione per spezzare il ritmo della vita quotidiana e dare libero sfogo alla gioia popolare, al ritmo del Sirtaki.
C’eravamo anche noi e questo è il mio personale racconto per immagini, tra ritmo e gestualità.
Era atteso a Vienna, ma non vi giunse mai. Varcò la frontiera con la giubba strappata, il lasciapassare sporco di sangue e una ferita all’addome. Scorse le luci di un piccolo villaggio e lo raggiunse con fatica. Si aggrappò al muro di una casa sentendosi a un passo dalla fine. Cedette a una forza superiore che lo afferrò per le caviglie e lo scaraventò dentro un foro nel selciato. Fu invaso da un torpore liquido, animato a tratti da voci gelatinose che lo esortavano a resistere. Le schegge nel corpo, gli dicevano, servivano per cucire gli interstizi tra la vita e la morte e il sangue era la condizione indispensabile per oltrepassare il varco della bidimensionalità.
Aprì gli occhi e restò immobile a fissare i filamenti incolore dell’alba attraverso la stanza.
Sollevò il lenzuolo e si scrutò il ventre. Era intatto. La testa ricadde sul cuscino mentre l’ultimo fotogramma notturno si dissolveva. Poi pensò al mare e alla quiete dei relitti dopo i grandi e terribili naufragi.
Si alzò e si avvicinò alla finestra. Una fila di caseggiati uguali si asciugavano al sole, più in basso il parcheggio era semivuoto.
“Oddio quanto vorrei svegliarmi” disse voltando le spalle al nuovo giorno “pescatore, con un gozzo celeste e giallo ancorato a Camogli.”
"Il mercatino delle pulci" parte 3 - Qui la 1. Qui la 2.
“Costosa illusione d’immortalità?”
E’ assurdo. Io sono un collezionista e con l’arte misuro la portata dell’esistenza. Ma all’epoca ero anche altro. Ero un mistico senza fissa dottrina che sostava sulla soglia degli opposti, il pensiero e l’atto, la malia e la repulsione, il quotidiano e l’inspiegabile.
Acquistai la foto sull’onda delle mie certezze. Credevo nell’evento cardinale bloccato nel tempo, che la bellezza fosse una fonte d’ispirazione alternativa al vero e che le opere avessero bisogno della mano, oltre che dell’attenzione dello spettatore, per essere accese. Le volte in cui mi azzardai a sfiorare con le dita la curva pallida di quella schiena non fu per desiderio, ma per stimolarne la genesi.
Gli anni mi contraddissero insegnandomi che dell’uomo non esisteva che il riflesso prima del tuffo in una pozza oscura. La storia lo rese pesante e l’arte lo trasformò in un soggetto gravato da responsabilità immense, ficcandolo a forza dentro atmosfere fatte di colori bui, materici, densissimi.
La foto non c’entra. Cambiai semplicemente corrente di pensiero.
Col nero riempiva d’ironia gli sguardi e vi ammucchiava intorno un volto. Col giallo ne indovinava l’indole aggiungendo un po’ di ambiguità, col rosso trattava la vanità e l’irrequietezza dell’attimo, mentre al fondo restava il compito di mitigare la vulnerabilità dell’insieme.
La sua opera era una specie di censimento antropologico, compilato con puntiglio e scarso pudore.
Un giorno mi disse “Basta, sono stanco di tutto questo. Ciò che cerco è la scintilla di un’umanità più vera, che sappia davvero spiegare le cose” .
Poi si zittì e col coltello riprese a togliere i semi dalla sua fetta d’anguria.
Mi piace il mare, intendiamoci. E’ che a una certa ora tutto sembra arrendersi alla carezza di una luce che smorza le voci e toglie ogni dettaglio alle figure che vagheggiano intorno. E’ un tempo lungo quanto il fruscio che segue l’ultima nota di una canzone e dilata la nostalgia per ciò che non si può più fare.
Un libro poggiato sull’erba, sottosopra. Le dita distese di un mano. Un’altra onda.
Quell’attimo, non so perché, mi ricorda la bandiera di pericolo di balneazione.