Malta, le mille forme del tempo

Per tornare indietro nel tempo serve affrettarsi; per sorvolare il Mediterraneo serve un cavallo volante; per incontrare una dama, un alchimista, un falconiere, un cavaliere o un artigiano intento al suo lavoro basta andare a Malta. Il bello del tempo è che avanza, retrocede e talvolta si ferma, diciamo al Medioevo, proprio qui, il 18 e 19 Aprile, per il Festival Medioevale.

Foto presa dal sito ufficiale del Festival Medioevale di Malta

Nel prossimo week-end Mdina si trasformerà in un grande palcoscenico e in ogni angolo, strada, piazza, vicolo si rappresenteranno attimi di una vita che non ci appartiene più, ma che continua ad affascinarci e incuriosirci.

Chissà perché di tutte le epoche passate, quella medioevale resta la più rappresentata? Sarà per quella strana atmosfera dentro cui l’oscuro allevava la speranza di ciò che doveva ancora divenire, o per esorcizzare il timore di specchiarci e scoprirci sempre uguali e ostaggi di potenti, maghi e fattucchiere.

Foto presa dal sito Visit Malta
Foto presa dal sito Visit Malta.com

Altrimenti è una questione di luci, colori, abiti e armature, mostre, conferenze, parate e rievocazioni di un ricco calendario. Oppure è per quella tipica e poetica sintesi della storia che si narra fin dentro i pochi metri cubi di spazio delle botteghe, dove anche gli artigiani sono protagonisti, quando riversano nei vicoli il loro sapere, il loro fare sussurrato, la loro arte pensata e la lenta manualità che spesso essi stessi tendono a liquidare con un laconico “chiunque, con un po’ di pazienza e disciplina lo potrebbe fare”. E’ bello quando suoni, voci e aromi si mescolano insieme a gente giunta da ogni dove per dar vita a una grande spirale mobile e leggera come un ghirigoro.

In questa pagina del tempo, strappata e ricucita con filo spesso da legatore, all’interno di un locale in pietra tipica maltese intimo e avvolgente, ci saremo anche noi, coi nostri quaderni in cuoio Medioevalis, i diari antichi in carta tagliata a mano, i lapis, i pennini e gli inchiostri, a riprendere un discorso mai interrotto che conduce fino ai giorni nostri.

Passeggiando per Mdina, vi consigliamo una visita presso:

Andolfi Artisan Boutique

Mdina Gift Shop – Santa Sophia Street.

Là troverete Roberto, per gustare insieme una deliziosa specialità o un bicchierino di liquore locale.

Foto interno locale “Andolfi Artisan Boutique” di Roberto Andolfi.

Tra i larici, custodi del colore

Breve viaggio tra i riflessi dorati, gialli, arancioni e bruni dei larici nel magico territorio occitano della Val Maira (Cn).

Come sempre, grazie ai nostri amici dell’Agriturismo Lou Bià.

Sirtaki (mano nella mano)

In Grecia il 15 agosto, giorno dell’Assunzione è una festa religiosa molto sentita, ma è anche l’occasione per spezzare il ritmo della vita quotidiana e dare libero sfogo alla gioia popolare, al ritmo del Sirtaki.

C’eravamo anche noi e questo è il mio personale racconto per immagini, tra ritmo e gestualità.

Progetto: mani. Foto mie.

Psychro, Creta, 2014

Fil rouge

Lo sciabordio tra pali e fondamenta logora i nervi, lo stomaco.

Questo quartiere è una zattera; il vento lo spinge sulla sabbia e più in là,

riempie la stanza di pulviscolo e inquietudine.

Qualcuno rovista nel silenzio,

una battuta tagliente ha guastato l’amicizia tra due artisti

(un sodalizio assuefatto da teorie estetiche)

in sessanta opere non si è trovato neppure un luogo, uno dico, rifugio, sacrario, ma anche prigione o incubo dove fermare finalmente il viaggio.

C’è troppo giallo intorno per discutere, alla finestra

il sole tocca il mare per saggiarne la temperatura

un luogo dove fermare finalmente il viaggio

nella cornice una fotografia, sdraiati a Stromboli, la testa poggiata sulla sabbia,

infatti no, nemmeno qui, noi due naufraghi spaventati.

Venezia03

#17

Lumières

Solomon smise di osservare

il dipinto nella sala fumatori

un attimo prima di annegare

 

andò a picco insieme agli alberi

carichi di mele, di pere d’oro

e fiammeggianti fiori esotici

 

dettagli vischiosi che la natura espone

al sole, alla pioggia, all’incuria

(conditio sine qua non per sentirci autentici)

 

i miei capelli, la pelle, le iridi

i colori si combinano tra loro,

amalgamati a freddo

 

decadimento e creazione, vi sono luoghi

che fioriscono in prossimità della loro fine:

un paradosso affascinante

Sacra di San Michele (To)
Sacra di San Michele (To)

#11

L’alfabeto degli affetti

E’ dura la vita del collezionista. Di quella piccola serie di foto non resta che un esiguo numero di esemplari sfuggito miracolosamente alle maglie di un rigoroso presidio. Appartenevano a lei e fino alla fine le custodì con una gelosia feroce. Ricostruendo la storia però, se ne deduce la ragione.

S’innamorarono alla vigilia della guerra, da cui entrambi uscirono illesi. Lui, un collaudatore d’aerei, alto e coi baffi alla moda, di quelli sottili che sparirono solo nel ’37. Lei, opportunamente desiderabile e sognatrice, non la smetteva di sorridere e di scrivergli lettere con una grafia leggera e sottile, ritenendola appropriata a stimolare l’attenzione di quel suo unico lettore così fuori dal comune. Si trattava per lo più di cronache quotidiane, impressioni di vita collettiva fatte di uomini e donne messi insieme per l’occasione.

In cambio riceveva istantanee sovraesposte, cariche di una bicromia rovente, dolorosamente asfittiche oppure arse dal bulbo solare, che lui scattava in volo con una mano sola.

La prima che le fu indirizzata era completamente nera. Gli rispose con gentilezza, lodandolo per l’intenzione di cogliere l’essenza delle cose trascendendo il particolare, rilevando tuttavia la necessità di percorrere anche altre strade per esprimere l’infinita bellezza universale. Ne seguirono altre a svelare in maniera sempre più audace le avventure di quell’uomo infilato nel mezzo di nuvole inconsistenti, in cieli sordi dei suoni della risacca o del rumore delle fronde, ingolfato nel chiaro fumo dei motori. Inventarono una specie di nuovo alfabeto degli affetti, che attirò l’attenzione.

A chi le chiedesse di far emergere dalle carte un ricordo di quei giorni, lei faceva spallucce e rispondeva: “Ballava molto bene, ma faceva passi troppo grandi per me”.

Fenestrelle
Forte di Fenestrelle – interno, Val Chisone (Torino)

Microstoria #24

Vencido

La rivoluzione alla fine la fece sul serio. Per lei mi lasciò tirandosi dietro la porta. Non ricordo altro, ma conservo di quel giorno un groviglio di filo di ferro, inutile e ingombrante come un fermacarte. La feci con le mie mani, quella grossa palla di filo, mentre lui girava per la stanza elencando, con ampi gesti e non proprio nel giusto ordine d’importanza, i principi fondamentali della grande causa.

In seguito non ne seppi più nulla, fino al giorno in cui entrai nello studio di quel fotografo. Due enormi lampadari in carta di riso e un numero imprecisato d’immagini appiccicate alla rinfusa alle pareti rendevano la stanza allegra. Quando lo vidi, però, ci rimasi male. Mi avvicinai per osservarlo.

In quello scatto era avvolto nella cerchia affettuosa degli amici. Elegante ma temperato, nonostante l’aria di festa. Il suo sorriso era tirato e lo sguardo, puntato dritto nell’obiettivo, era scuro, infestato ormai dalla sensazione d’essere stato frainteso.

E quella scritta dietro la schiena. Della frase originale restava solo la parola “vencido”.

Installazione fotografica al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

Microstoria #23

Ancorato a Camogli

Era atteso a Vienna, ma non vi giunse mai. Varcò la frontiera con la giubba strappata, il lasciapassare sporco di sangue e una ferita all’addome. Scorse le luci di un piccolo villaggio e lo raggiunse con fatica. Si aggrappò al muro di una casa sentendosi a un passo dalla fine. Cedette a una forza superiore che lo afferrò per le caviglie e lo scaraventò dentro un foro nel selciato. Fu invaso da un torpore liquido, animato a tratti da voci gelatinose che lo esortavano a resistere. Le schegge nel corpo, gli dicevano, servivano per cucire gli interstizi tra la vita e la morte e il sangue era la condizione indispensabile per oltrepassare il varco della bidimensionalità.

Aprì gli occhi e restò immobile a fissare i filamenti incolore dell’alba attraverso la stanza.

Sollevò il lenzuolo e si scrutò il ventre. Era intatto. La testa ricadde sul cuscino mentre l’ultimo fotogramma notturno si dissolveva. Poi pensò al mare e alla quiete dei relitti dopo i grandi e terribili naufragi.

Si alzò e si avvicinò alla finestra. Una fila di caseggiati uguali si asciugavano al sole, più in basso il parcheggio era semivuoto.

“Oddio quanto vorrei svegliarmi” disse voltando le spalle al nuovo giorno “pescatore, con un gozzo celeste e giallo ancorato a Camogli.”

Installazione artistica a Savignano sul Rubicone durante il Si Fest.

Microstoria #22

Interno fiammingo

Devo piantarla coi film appena prima di dormire perché poi tutto diventa verosimile, inclusa la luna che scricchiola dietro i vetri e i capelli che diventano aghi e mi pungono le dita.

Un raggio illumina la stanza. Dentro s’è accomodata l’anima e osserva con curiosità la tappezzeria sbiadita. La scena, lo ammetto, ha qualcosa di drammatico e crudo, pare un interno fiammingo e un po’ mi imbarazza.

“Mi piace come lavori con lo spazio” dice, “non so mai cosa ci metterai dentro”.

“A dirla tutta” riprende dopo un attimo di silenzio, “mi aspettavo qualcosa di meno concreto, tipo un labirinto di specchi”.

Mi sveglio sul punto di protestare, ma senza alcuna convinzione.

Interno, mostra d'arte - Sorano (GR)

Microstoria #15