Magdalenenstr. 54

l’attacco è incerto, un fill 

lo splash nella seconda terzina,

in levare

 

nel giardino di suoni minimi

(uno studio senza finestre) coltiviamo

vibrazioni intollerabili

 

“c’è qualcosa di poroso

vergato di nero, una pignoleria

a tratti orientale”

 

la musa siede, immobile

gli occhi chiusi – i gomiti poggiati

sulle ginocchia

 

“allo stesso tempo dolce

aristocratico come il day after

di un bagno a mezzanotte”

 

e quell’ultima nota

un’esca lanciata in aria, in attesa

al termine della lenza

Danzatrice - performance
Spettacolo di danza, foto privata

#12

Lumières

Solomon smise di osservare

il dipinto nella sala fumatori

un attimo prima di annegare

 

andò a picco insieme agli alberi

carichi di mele, di pere d’oro

e fiammeggianti fiori esotici

 

dettagli vischiosi che la natura espone

al sole, alla pioggia, all’incuria

(conditio sine qua non per sentirci autentici)

 

i miei capelli, la pelle, le iridi

i colori si combinano tra loro,

amalgamati a freddo

 

decadimento e creazione, vi sono luoghi

che fioriscono in prossimità della loro fine:

un paradosso affascinante

Sacra di San Michele (To)
Sacra di San Michele (To)

#11

Le comete e i cieli corti

I cieli sono corti quando le comete li divorano. Dalle sue parti gli aquiloni si chiamano così. Lui costruiva le comete e le faceva volare attaccate a uno spago attraverso il litorale. Passò metà della sua vita col filo tra le mani a valutare gli effetti della portata del vento, l’altra metà mescolando l’acqua alla farina per incollare carte leggere a canne secche di fosso.

Ai tempi della prima esibizione internazionale si affacciò accompagnato dal suo esemplare: un biplano giallo con un fiore rosso al centro che a molti ricordò il marchio di un supermercato. Palesemente semplice di fronte alle rivali architetture e di minore impatto scenico, il biplano di borgata fu tuttavia l’unico quel giorno a levarsi in volo, strattonato dai venti riottosi dei polder, scelti come terreno di gara.

Testimoni, tecnici, pubblico e giuria azzardarono le più curiose ipotesi sulle complesse implicazioni degli elementi quando agiscono in una particolare situazione. Altre questioni rimasero insolute.

Quando gli chiesero di  condividere il progetto, lui ne restò sorpreso. Scese dal podio, prese un quaderno dalle prime file e con la penna del supermercato vi tracciò il suo concetto di aerodinamica.  Restituì il quaderno. “Non ne avevo mai fatto uno prima d’ora” disse ripensando alla sua grafia fossile da terza elementare, “e ho ancora qualche dubbio al riguardo”. Lo aspettarono pazientemente per dieci anni.

 

Installazione - Ferrara
Installazione artistica nella corte di un palazzo storico – Ferrara

Microstoria #25

L’alfabeto degli affetti

E’ dura la vita del collezionista. Di quella piccola serie di foto non resta che un esiguo numero di esemplari sfuggito miracolosamente alle maglie di un rigoroso presidio. Appartenevano a lei e fino alla fine le custodì con una gelosia feroce. Ricostruendo la storia però, se ne deduce la ragione.

S’innamorarono alla vigilia della guerra, da cui entrambi uscirono illesi. Lui, un collaudatore d’aerei, alto e coi baffi alla moda, di quelli sottili che sparirono solo nel ’37. Lei, opportunamente desiderabile e sognatrice, non la smetteva di sorridere e di scrivergli lettere con una grafia leggera e sottile, ritenendola appropriata a stimolare l’attenzione di quel suo unico lettore così fuori dal comune. Si trattava per lo più di cronache quotidiane, impressioni di vita collettiva fatte di uomini e donne messi insieme per l’occasione.

In cambio riceveva istantanee sovraesposte, cariche di una bicromia rovente, dolorosamente asfittiche oppure arse dal bulbo solare, che lui scattava in volo con una mano sola.

La prima che le fu indirizzata era completamente nera. Gli rispose con gentilezza, lodandolo per l’intenzione di cogliere l’essenza delle cose trascendendo il particolare, rilevando tuttavia la necessità di percorrere anche altre strade per esprimere l’infinita bellezza universale. Ne seguirono altre a svelare in maniera sempre più audace le avventure di quell’uomo infilato nel mezzo di nuvole inconsistenti, in cieli sordi dei suoni della risacca o del rumore delle fronde, ingolfato nel chiaro fumo dei motori. Inventarono una specie di nuovo alfabeto degli affetti, che attirò l’attenzione.

A chi le chiedesse di far emergere dalle carte un ricordo di quei giorni, lei faceva spallucce e rispondeva: “Ballava molto bene, ma faceva passi troppo grandi per me”.

Fenestrelle
Forte di Fenestrelle – interno, Val Chisone (Torino)

Microstoria #24

Vencido

La rivoluzione alla fine la fece sul serio. Per lei mi lasciò tirandosi dietro la porta. Non ricordo altro, ma conservo di quel giorno un groviglio di filo di ferro, inutile e ingombrante come un fermacarte. La feci con le mie mani, quella grossa palla di filo, mentre lui girava per la stanza elencando, con ampi gesti e non proprio nel giusto ordine d’importanza, i principi fondamentali della grande causa.

In seguito non ne seppi più nulla, fino al giorno in cui entrai nello studio di quel fotografo. Due enormi lampadari in carta di riso e un numero imprecisato d’immagini appiccicate alla rinfusa alle pareti rendevano la stanza allegra. Quando lo vidi, però, ci rimasi male. Mi avvicinai per osservarlo.

In quello scatto era avvolto nella cerchia affettuosa degli amici. Elegante ma temperato, nonostante l’aria di festa. Il suo sorriso era tirato e lo sguardo, puntato dritto nell’obiettivo, era scuro, infestato ormai dalla sensazione d’essere stato frainteso.

E quella scritta dietro la schiena. Della frase originale restava solo la parola “vencido”.

Installazione fotografica al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

Microstoria #23

A1: the very best of

questo del cammino non è che un tratto

tra le dita, sotto i denti acini d’uva,

il rito arcaico dell’attesa, nessuna svolta storica

 

l’autista sloveno poggia al parapetto del viadotto

osserva il cielo e pensa alla selva di Trnovo,

alla foschia del mattino che abbandona le faggete

 

dal cartello di rilevazione elettronica della velocità

i gracchi spiccano il volo, giocano

con le correnti ascensionali

 

venticinque giri, due ore e una carriola bastano

per allontanare pezzi di ponte

dalla minaccia d’innovazione

 

un caftano africano sale dal fondo

ondeggia sull’asfalto e sorride

fratello!  a che serve mi chiede

 

fermare un’anima indecisa se restare,

se di partire ormai le preme?

(nessuna svolta storica)

 

l’autista sloveno sbuffa, ricorda un orso

caduto nella grotta carsica

nella selva di Trnovo

Installazione fotografica di Giorgio di Noto al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013
Installazione fotografica al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

#10

Ancorato a Camogli

Era atteso a Vienna, ma non vi giunse mai. Varcò la frontiera con la giubba strappata, il lasciapassare sporco di sangue e una ferita all’addome. Scorse le luci di un piccolo villaggio e lo raggiunse con fatica. Si aggrappò al muro di una casa sentendosi a un passo dalla fine. Cedette a una forza superiore che lo afferrò per le caviglie e lo scaraventò dentro un foro nel selciato. Fu invaso da un torpore liquido, animato a tratti da voci gelatinose che lo esortavano a resistere. Le schegge nel corpo, gli dicevano, servivano per cucire gli interstizi tra la vita e la morte e il sangue era la condizione indispensabile per oltrepassare il varco della bidimensionalità.

Aprì gli occhi e restò immobile a fissare i filamenti incolore dell’alba attraverso la stanza.

Sollevò il lenzuolo e si scrutò il ventre. Era intatto. La testa ricadde sul cuscino mentre l’ultimo fotogramma notturno si dissolveva. Poi pensò al mare e alla quiete dei relitti dopo i grandi e terribili naufragi.

Si alzò e si avvicinò alla finestra. Una fila di caseggiati uguali si asciugavano al sole, più in basso il parcheggio era semivuoto.

“Oddio quanto vorrei svegliarmi” disse voltando le spalle al nuovo giorno “pescatore, con un gozzo celeste e giallo ancorato a Camogli.”

Installazione artistica a Savignano sul Rubicone durante il Si Fest.

Microstoria #22

Impressioni dal mondo

agglomerato di luce

semplicemente oscura

due luoghi differenti

 

la linea della vita segna

sul palmo la seconda tappa

e non s’estirpa, oltre

 

solo la felicità ostinata,

poggia i gomiti sul fotoromanzo,

si strugge e invoca

 

eroi irreali

(flâneur baudeleriani – irreali eppure credibili)

vagano intorno privi d’urgenza

 

qualcuno dipinge alberi:

un modo curioso di guardare l’orizzonte

seduti sull’erba, le braccia tese

Mostra
Installazione fotografica di Giorgio di Noto al SI Fest di Savignano sul Rubicone – sett.2013

# 9

Contrappunto

c’è un palcoscenico antico di buio e luce

dove ogni giorno si mette in scena

uno spettacolo fenomenale:

la solitudine dell’entroterra

 

“quelle da ventimila euro

sono sculture potenti, visionarie

melagrane e grappoli d’uva lucenti,

ambizione di fertilità”

 

(quelle da novemila sono più piccole e in bronzo)

 

un po’ troppo per chi vive di questa terra aspra, 

generosa solo quando vuole

è tutto qui – nel catalogo preso in prestito

da uno scaffale polveroso

Effige

# 8

Scuola libera di nudo pensiero

in questa strada si perpetua

una migrazione misteriosa:

la nostra età non è compiuta

 

due grosse gocce d’acqua soffocano

la terra d’un affetto ingrato

(il deserto porta strani pensieri)

 

sfilano in silenzio in una processione di ombre

lisce capsule di laboratorio,

intenzioni cariche di sbavature

 

scarpe di varie fogge, il fruscio di stoffe nel vento caldo

(bella l’inquadratura)

spunta da sotto, dondola impercettibile e a tratti riluce

la canna d’un fucile

Nel parco

# 7